In una afosa giornata estiva del 1479, il ritrattista ufficiale di Venezia, Gentile Bellini, incontrò per la prima volta Sultan Mehmet II, era riuscito ad incontrarlo facendosi strada nella corte dell’impero Ottomano a Costantinopoli. Questo fu uno dei tanti incontri nei due anni che Bellini trascorse alla corte di Costantinopoli, fino al 1481. Bellini era lì per doveri diplomatici, e parte di questi comportavano ritratti pittorici del Sultano, come dono per la sua gentile ospitalità. Questi ritratti erano piuttosto particolari per l’epoca, ma erano soprattutto un modo originale di condurre relazioni diplomatiche. Il soggiorno di Gentile Bellini è stato piuttosto straordinario, perché i diplomatici veneziani di solito arrivavano presentando doni sempre molto preziosi: tessuti di lusso, abiti di pelliccia, abiti di seta e persino cibo, il formaggio parmigiano era il preferito dai sultani musulmani. La diplomazia era un’abilità che i veneziani padroneggiavano alla perfezione, e sapevano che con dei bei doni fisici venivano costruite buone relazioni personali. Buoni rapporti significavano grandi affari, e di nuovo affari significavano potere, che è ciò a cui Venezia era interessata. Ma la diplomazia è, ed è sempre stata ovviamente, una strada a doppio senso, e i veneziani hanno capito che dovevano ricevere sontuosamente quanto dovevano donare. La Sala del Collegio è il luogo in cui il Doge e il suo entourage si incontravano con ambasciatori stranieri e, chiaramente, l’obiettivo era quello di impressionarli ancor prima che le parole fossero scambiate o discusse. Quando i diplomatici venivano erano in questa sala, parlando e guardandosi intorno alle pareti e al soffitto, rimanevano impressionati dallo splendore delle opere di due dei più grandi artisti del Rinascimento Jacopo Tintoretto e Paolo Veronese. In sostanza, i padroni di casa stavano dicendo loro chiaramente: riserviamo solo il meglio per te!