Nel 1400 la peste si stava diffondendo in tutta Venezia, paralizzando la città e causando migliaia di vittime ogni giorno, indipendentemente dalla loro classe sociale, status o ricchezza. Nessuno sapeva davvero quale fosse la causa. Mentre la città iniziò a spendere enormi somme di denaro in misure di contenimento il Doge Giovanni Mocenigo pensava alla sua amata moglie che era stata una delle tante vittime. Cristiano devoto, Mocenigo assisteva tutte le sere alla messa nella sua piccola cappella privata, dove accendeva una candela per lei. Una notte del 1483, dopo la preghiera tornò nelle sue stanze, quando uno dei domestici cominciò a spegnere le candele, tutte tranne una. Di notte la candela rimasta accesa cadde e il fuoco si diffuse rapidamente attorno alla cappella, estendendosi con grande facilità negli appartamenti del Doge, poiché quasi tutto era di legno in pochissimo tempo le stanze furono incenerite. Tuttavia, Mocenigo si salvò e come testimonianza della sua forza di carattere, non perse tempo a ricostruire ed ampliare gli appartamenti. Non vide, però, la fine dell’opera poiché anche lui morì di peste prima che i lavori fossero terminati. Proprio come la peste, anche gli incendi a Venezia non si fermarono qui e il 20 dicembre del 1577 arrivò il più devastante di tutti. Sembrava che nulla potesse fermarlo. Migliaia uomini e donne furono chiamati in aiuto per contrastare il pericolo. Una volta cessate le fiamme, l’esterno del Palazzo sembrava essere condannato e nei giorni seguenti si pose la questione sulla sua demolizione e ricostruzione o riparazione. Si formarono due gruppi di pensiero a favore di ciascuna opzione. Gli architetti guidati da Andrea Palladio videro questo come un’opportunità per lasciare il proprio segno ricostruendo il tutto; dall’altro lato, gli ingegneri guidati da un certo Rusconi erano fermamente convinti che il danno fosse minore di «una puntura di zanzara sul corpo di un elefante». Le casse dello stato erano già stremate dall’epidemia della peste, così prevalse la soluzione più parsimoniosa degli ingegneri. Se così non fosse stato, parleremmo ora di un edificio completamente diverso, una Venezia davvero diversa.