Il Palazzo delle Prigioni Nuove viene così definito in riferimento allo spazio di detenzione “vecchio” che si trova vicinissimo: non una vera e propria prigione ma una serie di spazi del Palazzo Ducale adibiti ad uso celle. Uno si trovava proprio sotto al tetto e sono le celle conosciute come “Piombi” visto che il tetto era ricoperto dello stesso materiale facendo sì che in inverno esse fossero freddissime e in estate caldissime. L’altro spazio si trova sul versante opposto ossia a pelo d’acqua e si tratta di una fila di celle denominate “Pozzi” perché con l’innalzamento della marea (e quindi con il fenomeno dell’acqua alta), finivano a riempirsi d’acqua. In queste prigioni le condizioni dei prigionieri non potevano che essere molto dure ma in realtà il primo problema che venne preso in considerazione fu quelle dello spazio. Si trattava di celle perennemente sovraffollate e per questo si giunse alla decisione di avviare la costruzione di un edificio apposito per la detenzione, da qui dunque la definizione di “Prigioni Nuove”. La costruzione prese inizio nel 1564 e si concluse nel 1615.
Il fatto che si trattasse di un progetto di alto livello, ovvero un progetto istituzionale voluto delle autorità delle Repubblica, è evidente da varie caratteristiche. Due vanno segnalate: la prima è posizione assolutamente centrale, in prossimità del Palazzo Ducale collegato tramite il Ponte dei Sospiri, e infine la massa imponente dell’edificio, enfatizzata dalla scelta del materiale da costruzione. Si tratta di pietra d’Istria, largamente utilizzata a Venezia (lo stesso Ponte dei Sospiri), apprezzata per le caratteristiche di solidità, pesantezza e isolamento – sia dall’umidità che dal fuoco, e non a caso le Prigioni sono l’edificio meglio conservato della città visto che il fuoco non ha mai preso il sopravvento.