La pena di morte più grave era quella dello strangolamento in segreto, caso in cui la famiglia non poteva richiedere la salma del congiunto il cui nome, se veneziano, veniva cancellato da registri municipali. Questa veniva infatti eseguita nel caso del reato ritenuto più grave per la giustizia della Repubblica, ossia il complotto contro lo Stato (reputato più grave dello stesso omicidio), crimine per cui un criminale veneziano che avesse tradito la sua città, veniva reputato indegno di esser ricordato da morto come cittadino della Repubblica. In questo caso anche il processo subiva una prassi particolare.

A lavorare come giuria era chiamato il Consiglio dei Dieci, composto come suggerisce il nome, da dieci aristocratici di alto livello scelti dal Maggior Consiglio (il senato veneziano), per far parte di un organo creato a seguito delle congiure del Trecento e che continuò ad esistere fino alla caduta della Repubblica nel 1797. Il lavoro dei Dieci era quasi da intelligence, ossia scoprire, fermare e intercettare qualsiasi complotto che potesse minare la sicurezza e stabilità dello Stato, motivo per cui erano dotati di un gruppo di spie molto efficiente, restavano in carica solo un anno per evitare qualsiasi abuso d’ufficio, avevano un proprio fondo cassa di cui non dovevano rendicontare, e il capo era il Doge, motivo per cui se nel tribunale il motivo del processo era un complotto, il Consiglio giungeva a presiedere con il Doge stesso a capo del procedimento.